Discorso
per i funerali di Eduardo Rusjan a Belgrado
Il giornale «
Novo Vreme » di Belgrado riporta un discorso, che è stato
pronunciato dallo Sloveno Dott. Niko Zupancic in occasione del funerale
di Rusjan. Ha parlato nel momento in cui la bara è stata trasportata
dalla chiesa cattolica, vicina all’ambasciata austriaca, ed è stata
appoggiata nel carro funebre. In quell' istante, mentre i tristi accordi
del canto funebre risuonarono nel cielo, eseguiti dalla banda musicale
militare del 6 reggimento, il Dott. Niko Zupancin iniziò a parlare:
“Eroe morto, tu
hai dato la tua vita alla terra Serba, hai lasciato la tua anima tra i
Serbi, che si assomigliano nel sangue e nella lingua, al popolo al quale
tu appartieni perciò potrei rivolgerti l’ultimo saluto nella lingua
di questa Terra oppure nel Tuo dialetto. La tua morte è tragica,
“dolce” eroe, e questa gelida giornata rispecchia l’umore del nostro cuore
che è triste per te. Siamo davvero dispiaciuti di dover incontrare
la morte in questo giorno invernale ma lo saremmo stati ancora di più
se tu fossi morto in un giorno primaverile, pieno di fiori e bellezza come
lo sei tu, giovane eroe, fiorito e pieno di speranze. E’ davvero crudele
la legge della natura che tutto deve morire. E’ difficile allontanarsi
dai vecchi amici e dai parenti e il distacco ti provoca delle profonde
ferite, ma è ancora peggio, e ti stringe il cuore, quando qualcuno
se ne va da questo mondo “ante diem”. Mi sembri un giovane fiore che scompare
in un attimo sotto la brina mattutina. Assomigli ad una giovane quercia
sul monte, che è stata abbattuta da una tempesta. Come un’aquila
ti sei innalzato sotto le nuvole, “dolce” eroe, sotto il cielo, nel regno
dell’aria, per sovrastare le lontananze. Ed invece sei caduto a terra,
Icaro sloveno, come se ti avesse colpito un fulmine.
Gli elementi
della natura sono ostili all’uomo: egli però incessantemente spera
di poterli sottomettere, di riuscire a fermare la loro forza per il bene
dell’umanità. Anche tu hai voluto vincere l’impero dell’emisfero
(inteso come Terra) e con il tuo coraggio sei man mano molto migliorato,
ma eri ancora troppo debole, l’elemento ostile ti ha sorpreso alle
spalle e così sei caduto dall’alto.
Nella terra slovena,
non troppo lontano dalle sorgenti della Sava, hai ammirato per la prima
volta il giorno della vita; hai però trovato la tua fine nel posto
dove la Sava corre ad abbracciare il nostro fiume sloveno Danubio. Con
lo scorrere del fiume Sava lungo il territorio, Dio ha concesso una meravigliosa
cintura d’argento al nostro popolo jugoslavo: ma i pionieri culturali ed
i patrioti, ai quali anche tu appartieni, eroe morto, s’impegnavano per
rafforzare e moltiplicare i legami tra queste terre. Con la tua invenzione
e lo spirito coraggioso, hai dimostrato al mondo che anche il tuo piccolo
popolo sloveno partecipa al salvataggio degli enormi problemi mondiali,
e non hai dimenticato i grandi genocidi e i tuoi eroi più vicini.
I tuoi pensieri venivano catturati da tre forze, nella direzione del fiume
Sava, tra i fratelli sanguinanti. E hai spiccato il volo da sotto il monte
Triglav (Tricorno, in Slovenia), come un aquila, passando sopra la nostra
Sava verso Zagabria e a Belgrado.
La forza del
sangue (intesa come legame alla patria) e il potenziale del pensiero non
tradiscono mai. Prima o poi si svegliano in maniera elementare. Nel giorno
del giudizio la voce di una tromba esclama cose giuste e cattive e in questo
modo raggruppa i legami di sangue e di lingua di popoli diversi che si
riuniscono in un unico coro nazionale. Com’è possibile che agli
sloveni è dato morire tra le mura di Belgrado. Nel quindicesimo
secolo i tremendi Ungheresi hanno ammazzato il “re” sloveno Ulrik Celjski,
che era genero del serbo Jurij Brankovic di Smedereva. I giovani sloveni
hanno combattuto tra le mura di Beograd per allontanare i barbari turchi.
E tanto sangue sloveno ha sporcato la terra nella quale oggi tu, eroe morto,
hai lasciato la tua anima. A tutti i discendenti di questi eroi defunti
è rimasto vivo nella mente il ricordo di queste battaglie a Belgrado,
ed è anche per questo motivo che la canzone popolare slovena canta:
"La' c’è
Belgrado, dietro al castello scorre un fiume rosso,
che fa scorrere
tre pietre del mulino."
Eroe morto, tu
non sei venuto a Belgrado per combattere con un fucile o con la spada,
nemmeno politicamente. Oggi splende sopra Belgrado il sole della libertà.
Tu sei venuto a dimostrare ai fratelli Serbi che gli sloveni sanno combattere
con la spada dell’intelligenza. E anche in questo campo hai dato l’esempio
alla città di Belgrado.
Ti assomigliava
molto nell’anima Jurij Vega, figlio di una contadina slovena, che insegnava
a Belgrado. Ha utilizzato la sua conoscenza della matematica e della tecnica
ed ha anche inventato nuovi cannoni per l’abbattimento di forti, utilizzato
anche da Lavdi dei Turchi. La tua strada nella vita, eroe morto, non è
stata cosparsa di fiori. Hai avuto tante preoccupazioni, tanti ostacoli
e poca felicità e divertimenti. La cosa più triste però
è che hai dovuto finire proprio nel momento in cui avresti dovuto
impiegare maggior energia per ottenere il tuo obbiettivo. Ma, riportando
una tua confidenza, devo ammettere che almeno un desiderio ti si è
avverato: “nella mia terra, giace il mio cadavere” come canta il nostro
Preseren. Pertanto dobbiamo essere convinti di ciò anche perché
un paio di minuti prima che l’angelo della morte ti ha toccato, hai esclamato:
“se debbo morire in Serbia, non mi dispiace: sto morendo nella mia terra.”
Dobbiamo dirti addio, “dolce” eroe! La vita è breve e la morte è
infinita. Il nostro compito è quello di non perderci le giornate
da vivi ma a te auguriamo una dolce pace e il riposo eterno nella terra
dei tuoi fratelli. Le lacrime, che fanno arrossire gli occhi dei mille
presenti, ti accompagnino e facciano da condoglianze alla tua terra natale;
affinché la corona di fiori sulla tua tomba prematura possa essere
la più bella e restare a lungo verde. Il tuo ricordo resterà
per sempre.
In quei tempi
la città tra i fiumi Danubio e Sava si chiamava Belgrad o Beligrad
e questo nome veniva anche impropriamente declinato (v Belemgradu, il Belegagrada,
etc.). Qualche giorno prima della morte hanno fatto stampare migliaia di
cartoline con l’immagine di Edvard Rusjan. Dopo la sua morte sulle stesse
cartoline hanno fatto stampato, in cirillico, la frase funebre con la data
di morte: 27. XII. 1910! Non si sono confusi, solo che la data è
stata riportata in base al calendario ortodosso e corrisponde alla nostra
data 9.11.1911. Ciò nonostante la tragedia non ha sminuito le sue
gesta coraggiose con le ali degli aeroplani.
Traduzione dallo
sloveno di Martina Bevilacqua |